mercoledì 3 giugno 2020

Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre  è stato un filosofoscrittoredrammaturgo e critico letterario francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell'esistenzialismo, che in lui prende la forma di un umanesimo ateo in cui ogni individuo è radicalmente libero e responsabile delle sue scelte, ma in una prospettiva soggettivista e relativista. In seguito Sartre diverrà un sostenitore dell'ideologia marxista, della filosofia della prassi e, pur con dei profondi "distinguo", anche del conseguente materialismo storico.
Sartre insegnò filosofia in diversi licei fino al 1945. Al termine della seconda guerra mondiale, si dedicò esclusivamente alle sue opere filosofiche e letterarie: “faccio, farò dei libri; ce n’è bisogno, e serve, malgrado tutto”. 

1.3L'esistenzialismo in Sartre

Il problema dell'esistenzaIn ogni libro, Sartre presenta un problema che lo angoscia : Come scappare dall’assurdo? Come non rinchiudersi nei libri e agire? Come incontrare l’altro? I romanzi La Nausea (1938) e I cammini della libertà (1945-1949) sollevarono il problema dell’esistenza.
La guerra evidenziò più che mai la necessità dell’impegno, di un esistenzialismo attivo e umanista. Nel 1945 fondò una rivista Les Temps modernes che sintetizza le tre esperienze che furono fondamentali nella sua vita: 
  • La filosofia
  • La letteratura
  • La politica
Influenzato dalla filosofia tedesca e dal marxismo, il suo esistenzialismo si percepisce in due saggi: L’Essere e il Nulla nel 1943 e La critica della ragione dialettica nel 1960. 
L'uomo è intereamente responsabile della propria vitaLa condizione di abbandono dell’uomo nel mondo, si presenta come fondamento dell’assoluta responsabilità alla quale nessuno può sottrarsi. L’uomo ha la responsabilità totale della propria esistenza, delle proprie scelte. 

1.4L'importanza del teatro in Sarte

Il teatro lo aiuta a trasmettere al meglio il suo pensieroSartre abbandonò il romanzo nel 1949. Attraverso Il teatro riuscì a trasmettere al meglio il suo pensiero filosofico:
  • Le mosche (1943) introduce la questione politica della Resistenza.
  • A porte chiuse (1944) tratta della difficoltà di convivere con gli altri, “l’inferno sono gli altri”. Ѐ la pièce più famosa e recitata di Sartre.
  • Le mani sporche (1948) è un’opera teatrale sul fine e i mezzi nell’azione politica. La sua rappresentazione suscitò polemiche e violenti attacchi da parte del Partito Comunista Francese, al punto di convincere Sartre a ritirare il permesso per la messa in scena.

2

Il ruolo politico dello scrittore

Letteratura come strumento politicoDopo l’anno 1945, la letteratura fu eclissata dalla politica. Sartre si interrogava sul ruolo dello scrittore e concludeva dicendo che scrivere deve essere un impegno, la letteratura può diventare un importante strumento politico. 

2.2Il tempo delle polemiche

Vicino alla Cuba castrista e alla Cina maoistaSartre litigò con Albert Camus, collaboratore e amico, dopo la pubblicazione del saggio di Camus L’uomo in rivolta. Disapprovò le invasioni sovietiche in Ungheria (1956) e Cecoslovacchia (1968), ebbe avvicinamenti e rapporti con la Cina maoista, visitata nel 1955 con Simone de Beauvoir, e più tardi con Cuba castrista.    
Sempre in prima linea per prendere posizione sui problemi politici dell'epoca, Sartre si schierò contro la politica francese in Algeria ed entrò a far parte del Tribunale Russell a riguardo dei crimini americani in Vietnam, nel 1968 approvò l’insurrezione studentesca.  
Attentato dell'OAS in a Parigi l' 1.11.1961 dopo manifestazione contro il razzismo a cui partecipò Sartre
L'Attentato a SartreRichiamato più volte dalle autorità senza mai esserne preoccupato: “Non si imprigiona un Voltaire” diceva De Gaulle nei sui confronti. Nel 1962 riuscì a salvarsi nel suo appartamento da un attentato dall’ OAS. Nel 1964 rifiutò il Premio Nobel per la letteratura, per via del socialismo e perché non voleva “trasformarsi in un’istituzione”.   
Un principio di autobiografia Le Parole fu pubblicato nel 1963.   

2.3Gli ultimi anni

Quasi cieco, incapace di leggere e di scrivere, si dedicò a progetti di interviste (raccolte in Situations IX e X) e libri-dialoghi.  Dopo un lungo declino fisico, morì di edema polmonare a Parigi, il 15 aprile 1980. L’evento ebbe una risonanza mondiale, durante il suo funerale presenziarono circa cinquantamila persone.
Sartre è l’autore francese sul quale si pubblicano più articoli, libri e tesi nel mondo.

3

Martin Heidegger

Martin Heidegger è stato un filosofo tedesco, considerato il maggior esponente dell'esistenzialismo ontologico e fenomenologico. Martin Heidegger nacque a Messkirch nel 1889 da una famiglia cattolica e si iscrisse nel 1909 all’università di Friburgo alla facoltà di teologia, abbandonata due anni dopo per la facoltà di filosofia, dove si laureò nel 1913. In seguito ottenne, sempre presso la medesima università, la libera docenza fino al 1923. In questa università dapprima fu assistente di E. Husserl e, in seguito, ne prese il posto fino a divenirne rettore nel 1933. Per via della sua iniziale adesione al nazismo Heidegger si dimise in quanto il governo hitleriano gli impose di rimuovere due colleghi contrari al regime. Negli anni di Friburgo pubblicò il suo capolavoro, Sein und Zeit(Essere e Tempo) nel 1927.  
L’adesione al nazismo e gli anni dell’isolamentoMartin Heidegger aderì inizialmente al nazismo ma, come accennato in precedenza, se ne distaccò ben presto per via di alcune divergenze non del tutto chiarite. La pretesa del filosofo di far passare il proprio progetto di riforma universitaria e di fare da guida culturale al Nazionalsocialismo trovò delle resistenze e delle opposizioni da parte dei gerarchi. In seguito al suo allontanamento dalle posizioni naziste Heidegger si ritirò nella sua residenza nella Foresta Nera, dove si dedicò quasi interamente alla ricerca e alla didattica. Nei sui Contributi alla filosofia (1935) fece una severa critica al nazionalsocialismo che trovò piena realizzazione in una serie di lezioni tenute tra il 1936 e il 1940 su Nietzsche: qui non esitò a criticare le interpretazioni nazionalsocialiste del filosofo. Nonostante l’allontanamento dal Nazismo, alla fine del secondo conflitto mondiale fu chiamato a pagare per il suo intermezzo politico.  Fu costretto a subire una serie di umiliazioni e allontanato definitivamente dall’insegnamento dal Governo Militare Francese. Questo fatto gli provocò una serie di problemi e lo mandò in una crisi profonda, da cui si risollevò a seguito del ricovero nel sanatorio di Badenweiler, fino alla pubblicazione della Lettera sull’umanismo (1946). Furono proprio gli anni dell’isolamento che provocarono un radicale ripensamento della sua filosofiaspingendolo a meditare su tematiche come l’essenza della tecnica (Ge-Stell), sul pensiero dell’essere in quanto “evento” e sui rapporti tra pensiero, poesia e linguaggio. Dopo la sua morte, il 26 maggio 1976, la discussione attorno alla vita e al pensiero di Heidegger improvvisamente si rianimò e già l’anno precedente iniziò la pubblicazione delle sue opere complete (prevista in circa cento volumi) per rendere pubblico, al di là delle appartenenze politiche e dei coinvolgimenti personali, un immenso lavoro di confronto teorico-speculativo, di scavo teoretico e di riflessione sui grandi problemi della tradizione filosofica.  

 Essere e Tempo

2.1

Le domande di partenzaNella sua opera fondamentale, Martin Heidegger si pone come fine quello di elaborare il problema del senso dell’essere che, da Platone e Aristotele, costituisce il nucleo centrale dell’indagine filosofica.  
Originalità e importanza dell’operaL’originalità del pensiero heideggeriano è espressa nell’approccio del filosofo verso la questione dell’essere: non si tratta, infatti, di adottare e sviluppare un approccio astratto a tale dottrina ma si deve mostrarne il senso in quell’ente che pone la questione stessa (cioè: che cos’è l’essere?), vale a dire l’uomo. Il merito che va riconosciuto ad Heidegger è quello di aver posto l’essere dell’uomo iscritto nella propria temporalità e nella finitudine dell’esistenza stessa che opera nella realtà. Il filo conduttore di tale ricerca diventa così l’uomo nel suo essere nel mondo che il filosofo individua nell’esser-ci (Da-sein). Partendo da tale presupposto riconosce all’uomo il proprio modo d’essere, cioè quello di ente privilegiato, poiché ha la possibilità di porsi la questione dell’essere. L’interrogarsi sull’essere è il modo d’essere proprio dell’esistenza (che Heidegger definisce un avere-da-essere, Zu-sein) che si rapporta all’essere nella quotidianità. 
L'essere come apertura al mondoTale esser-ci, dunque, si trova nel mondo come possibilità di determinare se stesso e si attua nella progettazione effettiva; esso ha un carattere eminentemente pratico proiettato nel futuro. Esso ha costitutivamente un carattere di apertura, come un originario esporsi al mondo, al mondo-ambiente, al mondo degli altri, al mondo di sé. L’esser-ci è un essere nel mondo
Copertina di "Essere e Tempo" di Martin Heidegger
Gli esistenziali e l’autenticitàDa tale posizione di osservazione neutrale possiamo ricavare gli esistenziali (determinazioni essenziali dell’esistenza). I due esistenziali fondamentali sono il sentirsi situato e il comprendere, riassumibili nel concetto di cura. Il carattere proprio dell’esistere è però l’essere-per-la-morte (estrema possibilità dell’esser-ci): pensando alla propria mortalità, cioè al carattere del finito, l’esser-ci diventa autentico e conforme al proprio poter-essere. Questo poter-essere si esplica in due modi fondamentali: nell’autenticità, quando l’essere ritorna al proprio passato arricchito da questa possibilità, oppure nell’inautenticità quando l’esser-ci si perde nell’impersonalità del “Si” e resta perduto presso le cose in cui di volta in volta è affaccendato. Il senso dell’esser-ci è dunque quello dellatemporalità: significa progettare, tornare indietro alle possibilità ricevute in eredità e istituirne di nuove per il futuro.

lunedì 20 aprile 2020

Husserl e la fenomenologia


Edmund Gustav Albrecht Husserl in tedesco 8 aprile 1859- 26 aprile 1938) è stato un filosofo e matematico austriaco naturalizzato tedesco, fondatore della fenomenologia e membro della Scuola di Brentano.
La corrente filosofica della fenomenologia ha influenzato gran parte della cultura del Novecento europeo e non solo. Ebbe un profondo influsso sull'esistenzialismo e Martin Heidegger, ma indirettamente il suo pensiero ha influito anche sulle scienze cognitive e sulla filosofia della mente odierne, Husserl è infatti da considerarsi il "padre delle ricerche contemporanee nella psicologia cognitiva e intelligenza artificiale".
Fenomenologia: metodo e stile di pensiero--> mette in discussione la scienza, la quale esclude la dimensione soggettiva della conoscenza, non nelle sue applicazioni, ma la sua idea stessa in senso naturalistico e oggettivo.

Scienza: ha contribuito alla crisi di senso e dei valori che pervade la società contemporanea.

--> Suo fondatore: Husserl--> vuole comprendere il processo conoscitivo nella sua intera complessità, il suo modo di presentarsi e la sua origine, partendo dalla relazione con il soggetto.

Secondo il filosofo, la scienza, pur essendo elaborata dagli uomini e dunque avendo un legame originario con l'ambito dei bisogni, delle emozioni e degli scopi delle persone, ha finito con il trascurare proprio questi aspetti, operandouna riduzione della realtà ai soli parametri fisico-matematici--> scienza dei "fatti", che prescinde da qualunque riferimento al soggetto ed esclude i problemi del senso dell'esistenza, finendo per estraniarsi dagli uomini.

Nella conoscenza scientifica l'uomo è considerato una mera "cosa", che si deve cogliere oggettivamente e su cui compiere esperimenti, anche nelle scienze dello spirito(psicologia, antropologia, storia..).

Husserl ritiene che all'origine di questo processo ci siano l'opera e il pensiero matematico e fisico di Galileo Galilei che ha dato un'interpretazione generale della natura in chiave matematica, considerando secondarie tutte le qualità soggettive--> che ha causato la sovrapposizione di un mondo di idealità astratte alla realtà concreta dell'esperienza vissuta, che appare svuotata.

Si rende quindi necessaria una filosofia che riscopra il senso perduto delle cose in rapporto alla soggettività.

Centrale è il concetto di intenzionalità, che contraddistingue per Husserl ogni atto ed operazione della coscienza: pensare qualcosa è sempre un “tendere verso”, un moto orientato verso un oggetto che rimane irriducibile alla coscienza ma a cui il moto stesso imprime una direzione intenzionale specifica, sicché nella nostra percezione il ricordo differisce dal desiderio, ed orienta in modo diverso la relazione tra intenzione della coscienza e “oggetto”. A questo punto, cruciale per la pretesa di scientificità del pensiero husserliano è l’analisi dei nostri vissuti, che l’autore delle Idee per una fenomenologia pura sottrae esplicitamente al soggettivismo, così da pensarli studiabili obiettivamente; è qui che vengono formulati due concetti-chiave come quelli di epoché e di “riduzione”. Il primo vocabolo, che Husserl recupera dalla tradizione scettica e che significa “sospensione del giudizio”, indica la “messa tra parentesi” del mondo quotidiana che ci circonda per sospenderne la validità, e cioè la supposta indipendenza oggettiva, e per focalizzarne invece l’essenza di fenomeno, ovvero di manifestazione che colpisce la nostra coscienza. Solo per tal via, la fenomenologia trascendentale husserliana (e cioè, un atto di ragionamento che escluda qualsivoglia percezione empirica) può individuare i dati “a priori” che compongono tale esperienza. La “riduzione” si suddivide poi in tre passaggi fondamentali: quella fenomenica, per cui tutte le nostre esperienze reali derivano da un “a priori” trascendentale del processo conoscitivo, quella eidetica, che indaga le forme dell’intenzionalità, e quella trascendentale, che apre una nuova fase dal ragionamento di Husserl sui rapporti io-mondo.

Husserl, in un vasto movimento teoretico che abbraccia l’eredità kantiana con quella dell’idealismo tedesco e dello storicismo, pone l’io-puro (o “polo-io”) come centro di tutte le “esperienze vissute”, la cui identità stabile si sviluppa specificamente nella dimensione della temporalità e del ricordo. Così, noi risultiamo una stratificazione complessa ma unitaria di elementi e livelli (quello corporeo, quello volitivo-emozionale, quello psichico ecc. ecc.), e il nostro “io trascendentale”, coscienza pura ed insieme delle funzioni che regolano l’esperienza, è connesso, negli ultimi scritti husserliani, al mondo della vita (il Lebenswelt), caratterizzato dalla dimensione dell’intersoggettivitàe dal rapporto io-altri. Da qui prende spunto la critica contenuta nella Crisi delle scienze europee all’“obiettivismo moderno”, che screditerebbe il mondo della vita previlegiando la scientificità logico-matematica; e da qui prende le mosse un allievo ed assistente di Husserl a FriburgoMartin Heidegger.

giovedì 2 aprile 2020

Henri Bergson

Henri-Louis Bergson è stato un filosofo francese. La sua opera superò le tradizioni ottocentesche dello Spiritualismo e del Positivismo ed ebbe una forte influenza nei campi della psicologia, della biologia, dell'arte, della letteratura e della teologia. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1927 sia «per le sue ricche e feconde idee» sia «per la brillante abilità con cui ha saputo presentarle».

Secondo Bergson, la scienza non riesce a cogliere nè la continuità nè il movimento vero e reale della vita= ininterrotta produzione di novità.
-->La scienza opera mediante processi che"semplificano" la realtà concreta, "immobilizzando" il suo soggetto e classificandolo, seguendo la logica del calcolo. --> Necessario: intelligenza intuitiva, in grado di cogliere "dall'interno" la dinamica del reale.

Bergson distingue:
  • il tempo della scienza--> "privo di durata", definendole l'assenza. Il tempo della scienza è una successione omogenea di istanti ed è quello "esteriore", misurabile e spaziato in una sequenza omogenea di istanti;
  • tempo della coscienza--> è concepito come flusso continuo, incessante movimento degli stati di coscienza in cui passato, presente e fututo si fondono. Esso presenta diverse qualità: è il tempo della vita, cioè delle cose che hanno significato per ciascun individuo, è qualitativo, perchè non è misurabile e ha senso in ragione della qualità del ricordo che suscita in noi.
Identifica la coscienza con la memoria e ne distingue tre aspetti:
  1. il ricordo puro o memoria pura--> è la coscienza stessa, che è pura duratura spirituale, conservazione integrale dell'esperienza vissuta. Essa è il deposito di tutti i ricordi passati, in quanto registra automaticamente ciò che viviamo nella sua forma originale e globale;
  2. il ricordo-immagine--> è l'atto con cui il nostro passato si concretizza nel presente in vista dell'azione;
  3. la percezione--> è la facoltà che ci lega al mondo esterno e seleziona i dati utili alla vita concreta e può essere occasione del raffiorare di un ricordo.
Secondo Bergson la vita  si origina da un unico impulso iniziale--> "slancio vitale": un'energia che crea di continuo e in modo imprevedibile, perchè libera. Essa non è scomponibile nè riversibile e implica la conservazione integrale del passato.
--> si tratta di un impulso spirituale e invisibile, che trabocca nel mondo, concepito come un unico organismo vivente di cui tutte le cose e gli individui sono partecipi.
 --> si espande nell'universo, ma con un'intensità variabile, il che spiega la differenzazione degli esseri e della specie.--> la vita è creatvità libera e imprevedibile.

EVOLUZIONE CREATRICE: che supera il dualismo tradizionale tra materia e spirito--> la realtà è sempre unica.
--> coscienza:
  1. intellettiva ed esterna--> propria della scienza;
  2. intuitiva ed interna--> propria della metafisica, che Bergson considera "scienza assoluta del reale".    

lunedì 16 marzo 2020

La nascita della psicoanalisi tra Freud e Jung. Umberto Galimberti


FREUD PSICOLOGIA E FILOSOFIA: LE DUE SOGGETTIVITA’ 
Freud va sottratto al mondo degli psicologi e consegnato al mondo dei filosofi perché dice cose molto più potenti di quanto la psicoanalisi riesce a percepire. Freud è abbinato al concetto di inconscio. Inconscio non è una parola solo analitica, ma compare già nella filosofia romantica. L'inconscio si riferisce alla parte irrazionale del uomo. Il precursore di Freud è Schopenhauer che pensa che ci sia in ogni uomo una doppia soggettività, una dice “Io” , l'altra dice “natura “. 

LA VITA DI FREUD
Egli nasce nel 1856 a Freiberg d
a una famiglia di origine ebraica e dopo pochi anni si trasferisce a Vienna. Decide di iscriversi all'università di medicina e si specializza in neurologia. Per tre anni lavora nell'ospedale di Vienna e cura i pazienti affetti da turbe neurologiche. Nel 1885 apre uno studio e inizia a utilizzare l'ipnosi con i suoi pazienti. I suoi studi iniziano con l’isteria per poi arrivare alla scoperta della psicoanalisi. Nel 1900 pubblica "L'interpretazione dei sogni”. Freud muore nel 1939 a Londra.

LE PULSIONI
Secondo Freud ci sono due pulsioni:  sessuale e aggressiva.  Lui  le colloca nell'inconscio, ovvero in ciò che non è mediamente pensato in nessuno di noi. Freud ipotizza che in ognuno di noi si sia un fondo che lui chiama inconscio, chiamato da noi inconscio pulsionale, dove sono espresse le due potenze che servono all'economia della natura e alla conservazione della specie: la sessualità e l'aggressività. non sono istinti, ovvero risposte rigide agli stimoli Perché l'uomo non ne possiede.

L’INCONSIO: ES IO E SUPER-IO
Secondo Freud l'apparato psichico è composto da tre stanze: es, io, super-io. L’es è tutto ciò che ereditato , è presente Fino dalla nascita, stabilito per Costituzione, quindi le pulsioni primitive. è l'inconscio inteso come l'altro, l'essere sconosciuto che vive in ognuno di noi. il super-io è quell’area della psiche detta “coscienza” o senso del dovere. nasce dall’ interiorizzazione dei divieti con funzione di giudice e censure nei confronti dell' io. L’io o L’Ego è la parte consapevole della psiche, l'unica a contatto con il mondo esterno. in essa trovano posto le sensazioni, la fantasia, le emozioni e l'intelletto. L’io è perennemente al lavoro per mantenere un equilibrio fra la salute mentale e la personalità dell'individuo

INCONSCIO: QUESTIONE DI EQUILIBRIO
Una persona si dice che è equilibrata quando l'io tiene in equilibrio questi due inconsci contraddittori. Contraddittori perché la pulsione vuole esprimersi ma in questo modo si creerebbe una situazione invivibile in ambito sociale e per questo l'uomo deve contenere le sue pulsioni e lo fa attraverso il super io, in cui si raccolgono le esigenze della società non conflittuali e quindi tranquille. 


LE ISTANZE SOCIALI E LA MORALE
Le istanze sociali sono i divieti, i limiti che ciascuno deve dare a se stesso. queste limitazioni vengono acquisite dall'infanzia, in poche parole è un’ interiorizzazione egoistica. molte volte agisce dentro di noi la morale eteronoma, dove l'uomo sta alle leggi e  ai divieti solamente in presenza di un sorvegliante. ( esempio il bambino non mangia la Nutella perché la mamma non vuole, ma magari lui lo fa quando la mamma non c'è) . Si arriva a una morale autonoma quando si interiorizza il divieto (esempio il bambino non mangia la Nutella anche se la mamma non c’è ) 

IL CASO DI ANNA O
Il caso clinico a cui risale la nascita della psicoanalisi è il caso di Anna O, affetta da gravi disturbi isterici, quali paralisi motoria, turbe della vista, tosse nervosa, anoressia. Anna era in cura da Breuer.  Ogni sera punto ogni sera lui la ipnotizzava e la faceva parlare. sotto ipnosi lei parlava di episodi trascorsi durante un periodo molto duro della sua vita: in cui aveva dovuto assistere il padre gravemente malato. Breuer notò che Anna riusciva a rivivere intensamente le emozioni legate all'episodio e al termine dell' ipnosi. Questa terapia definita catartica funzionò anche con gli altri sintomi. Freud afferma così che l'isterico soffre di ricordi, ovvero dagli aspetti dolorosi di un episodio passato.

IO E LA NEVROSI
L’ io è sempre nevrotico , da un lato subisce l'espansione del mondo pulsionale e dall’altro l'espansione del mondo dei divieti inconscio sociale . E' chiamato così perché una volta interiorizzati i divieti non abbiamo bisogno di riflettere su quello che si deve o non si deve fare, è automatico. Subendo le pulsioni dell'inconscio sociale e pulsionale, l'io finché riesce a mantenere distanti questi due scenari conflittuali è detto nevrosi. La nevrosi è un conflitto tra il mondo pulsionale e il mondo dei divieti . Quando i due mondi Vengono a contatto eliminando l'io si parla di psicosi ovvero di follia. Freud cura Solo le nevrosi ovvero si prende cura solo del mondo dove l’io c’è.

Nel corso del 800 l’osteria tra le donne delle classi benestanti  raggiunge dimensione epidemiche. Come dimostrerà Freud si tratta di una malattia che ha inscindibili legami con la sessualità e in particolare con i taboo e i divieti che la società dell’epoca impone alla vita sessuale delle donne.  Nel modello della famiglia borghese dell’ottocento  il marito ha una posizione dominante ed è il solo che ha libertà di azione e di movimento. La donna invece è e deve essere esclusivamente moglie e madre. Un tale stereotipò viene ribadito anche a livello scientifico: ogni mese il ciclo mestruale ricorda alla donna la sua vera funzione, la naturale vocazione alla riproduzione è il suo prezioso patrimonio. Un clima così fortemente repressivo di istanze sessuali e aspirazioni personali fa da cultura allo sviluppo di numerosissimi casi di isteria . 
Gli svenimenti, le crisi, il pallore, gli spasmi entrano addirittura a fare parte dello stereotipo femminile dell’epoca. Con lo sviluppo della neurologia l’ipotesi della collocazione ginecologica viene abbandonata e la malattia viene associata all’ipersensibilità del sistema nervoso della donna che reagirebbe ammalandosi alle costrizioni sociali  e agli stili di vita imposti dalla cultura. È lo stesso Freud a comprendere per primo che la neurologia non basta a spiegare il fenomeno e che bisogna intraprendere una strada del tutto diversa. 

L’INCONSCIO, IL PRINCIPIO DI PIACERE
L’uomo è un animale desiderante, desidera ciò che non possiede per cui la struttura psichica è regolata da quella dimensione che si chiama mancanza. La parola desiderio prevede quindi un intervallo tra ciò che io desidero e l’oggetto che soddisfa il mio desiderio. Questo intervallo è la costruzione della psiche, infatti il bambino quando nasce non conosce questa distanza tra il desiderio e la sua soddisfazione. Questa immediata soddisfazione del desiderio Freud la chiama principio di piacere. Esso mal si adatta con la realtà, crescendo noi siamo in qualche modo costretti a raggiungere la soddisfazione dei nostri desideri attraverso quello che Freud chiama lavoro psichico. Il lavoro psichico è caratterizzato dalla distanza che la realtà impone tra il mio desiderio e la sua realizzazione. Accedere al lavoro psichico significa accedere a ciò che Freud chiama principio di realtà . La realtà ci impone un certo lavoro per raggiungere la soddisfazione dei desideri. L’infantilismo è la rinuncia al lavoro psichico per prevenire la soddisfazione e quindi una regressione nel mondo infantile. 

L’ESSERE UMANO, LA PSICHE 
Nell’antica Grecia Psiche era una divinità, la sposa di Amore. Con questo termine si indicava un soffio, un respiro  che veniva usato per rappresentare il principio vitale dell’essere umano, ciò che permette all’uomo di provare emozioni, sentimenti e quindi le passioni . Psiche era l’anima, la mente, l’elemento che consentiva all’essere umano di differenziarsi dall’inanimato e che faceva si che questi potesse avere coscienza di sé. Platone nel Fedro rappresenta l’anima con il mito della biga trainata da due cavalli e guidata dall’auriga. Dei due cavalli, uno è bianco raffigurante la parte dell’anima con pensieri più alti e nobili, quella intellettiva. L’altro è nero, rappresentante la parte dell’anima con pensieri più bassi quali la passione e i sentimenti, la concupiscenza. I due cavalli sono tenuti per le griglie dell’auriga che rappresenta la parte razionale, la ragione che li governa armonizzando i loro movimenti. L’immagine posta da Platone nasce  dall’osservazione dei comportamenti quotidiani dell’uomo e mette in evidenza gli ambiti all’interno dei quali si muoverà la psicologia sin dalle origini: l’agire umano, le motivazioni che spingono l’uomo a modificare i suoi comportamenti, gli scenari all’interno dei quali è destinato a muoversi l’animo umano. 

L’ESSERE UMANO, LE FASI DELLO SVILUPPO PSICHICO 
Questo mondo infantili viene organizzato da Freud secondo tre fasi, dove si concentra la libido, l’energia psichica che si concentra in alcuni luoghi dell’ano, che sono le aperture del nostro corpo: bocca, ano e genitali.   La libido si concentra innanzitutto nella bocca perché se non ci fosse un piacere dell’alimentazione i bambini non crescerebbero. Per mangiare bisogna muovere dei muscoli, bisogna fare una certa fatica, e questa deve essere immediatamente compensata da un piacere. Così la libido si concentra nella bocca, alla fase orale. Questa prima fase investe i primi due anni di vita in modo da allenare  il bambino all’alimentazione quindi alla crescita. 

L’ESSERE UMANO, LA FASE DEL CONTROLLO 
La seconda fase è detta fase anale, durante la quale il bambino comincia ad acquisire una sorta di padronanza del proprio corpo, nel senso che dipende da lui rilasciare o trattenere le feci. Secondo Freud questa è la prima forma di controllo sul mondo, nel senso che dipende da noi decidere un rilascio o un contenimento. La figura metaforica che si sviluppa a partire da qui è il controllo del modo che si estende al controllo dei propri giocattoli, della propria stanza, al controllo degli altri. Questa  dimensione di controllo innesca una figura antropologica fondamentale che è la figura del potere. Mentre nella prima fase si sviluppa la componente dell’avere (non c’è ancora un essere), in questa seconda fase ce l’esercito del potere, potere di controllo. Anche qui si può essere molto gratificati e soddisfatti di questo controllo, così come si  può essere pochissimo soddisfatti e avremmo i  due processi o di fissazione in questa fase o di regressione a questa fase, qualora passati alla fase successiva non si è stati sufficientemente soddisfati. 
Secondo delle regressione di una fase o alla fissazione ad un’altra fase, dipendono molte patologie molto note: ad esempio gente che si è fissata alla fase orale o è regredita alla fase orale avrà disturbi noti come disturbi dell’alimentazione. Il cibo è la forma dell’accettazione della vita o della rinuncia della propria vita sottesa al rapporto col cibo c’è sempre un rapporto con l’incertezza se devo esistere o se non devo esistere. 
Così si formano le personalità cosiddette leader o gregari a seconda della soddisfazione o insoddisfazione che si è avuto in questa fase. I leader sono figure che non possono prescindere dal bisogno del controllo generalizzato del mondo che li circonda e naturalmente questa è anche la sua versione patologica nella paranoia, ovvero nel bisogno di controllare il mondo circostante, ma siccome non si è in grado, ogni fallimento di questo controllo viene interpretato come un effetto di una persecuzione che altri ci ordiscono contro di noi. Infine, la terza fase, quella Edipica, per cui Freud è molto noto,  che consiste nella relazione con il padre e con la madre in una forma significativamente drammatica. 

L’ESSERE UMANO, IL COMPLESSO DI EDIPO 
Il complesso edipico letto metaforicamente è una cosa formidabile: in cui si imparano due dimensioni fondamentali dell’esistenza umana che sono rispettivamente l’identità e la relazione. Se io non ho identità non so chi sono e se non ho acquisito la struttura della relazione non so rapportarmi agli altri. Queste sue dimensioni si acquisiscono lungo il percorso edipico che a parere di Freud si costituisce  tra i 4 e i 6 anni. 

L’ESSERE UMANO, EDIPO E IL MONDO MASCHILE 
Illustrato dal punto di vista del figlio maschio le cose vanno in questa maniera. Il bambino vuole dormire con la madre, per questo, vuole sedurla: imita il padre, fa tutto quello che dice il papà, va a giocare con lui, fa le gare con il padre; i padri naturalmente si confondono, pensano che i figli siamo innamorati di loro che si crei una bella alleanza, ma in realtà il figlio sta imparando come si fa a diventare come il papà, il quale fruisce dalla madre e volendo il figlio fruire dalla madre, imita il padre. In questo  processo di imitazione il figlio crea la propria identità maschile. Impara a  diventare maschio. Dopodiché ad andare a letto con la madre continua a essere il padre, allora subentra quella che Freud chiama frustrazione. Il bambino pensa “ ho fatto tanta fatica per diventare come mio padre e raggiungere l’oggetto del mio desiderio, eppure non l’ho raggiunto. 
Questi processi di frustrazione hanno due possibili esiti: o un esito depressivo, per quanti sforzi faccia non raggiungerò mai la metà, oppure un effetto incentivo, bisogno che nella vita in generale mi dia da fare per raggiungere gli scopi. Così il bambino impara la sua identità, imitando il padre e impara la sua relazione con l’altro sesso amando il primo rappresentante dell’altro sesso, cioè la madre. 


EDIPO E IL MONDO FEMMINILE
Il mondo femminile è contrassegnato dal 2, mentre il mondo maschile dall’1.
2 significa l’uno è l’altro; il corpo femminile è già costruito per due, la madre e il figlio. Perciò la donna è innanzitutto relazione, e a partire da essa costruisce un’identità.
I maschi invece tendenzialmente sono identità che instaurano relazioni, ma la relazione non è il costitutivo del maschile, ma lo è del femminile.
La psiche femminile è decisamente più complessa di quella maschile. Questa complessità viene fuori quando la ragazza, durante la sua pubertà, comincia a considerare la sua identità, a compiacersi del suo corpo, a vedere di costruirselo secondo i suoi desideri. Il ciclo mestruale interviene nella donna per dirle “tu sei un io, ma sei anche una funzionaria della specie”. Anche gli uomini sono dei funzionari della specie ma non ne hanno una percezione fisica e tantomeno psichica.
Nel caso del complesso edipico rovesciato la donna ama il padre e vuole prendere il posto della madre.
La donna ha capacità percettive, emotive, cognitive nel mondo molto meno definite e precise di quelle maschili.

PENSIERI
“L’io non è padrone in casa sua” -S. Freud
“L’angoscia si può definire come una specie di stato di attesa o di preparazione al pericolo, anche se ignoto”
“Il sogno é incoerente, riunisce senza esitazione le più grosse contraddizioni, ammette cose impossibili, trascura le nostre cognizioni, così importanti durante il giorno, ci fa apparire eticamente e moralmente ottusi”

IL DISAGIO DELLA CIVILTÀ
Freud ha anche una componente profetica.
Ne Il disagio della civiltà egli ipotizza che la nostra civiltà sia troppo severa in termini di regole, convenzioni, divieti. Esprime questo concetto con l’espressione “L’uomo ha barattato gran parte della sua felicità per un po’ di sicurezza”. Il mito della sicurezza è un mito particolarmente sentito oggi, ma non bisogna dimenticare che il concetto di sicurezza necessita di regole che quando diventano eccessive comprimono la vita e anche la felicità. Il luogo più potente delle regole (quindi della sicurezza) è costituito dal mondo della tecnica. Quest’ultima è un impianto di regole molto rigoroso, ci propone come modello la macchina, rispetto a cui gli uomini sono inferiori in termini di efficienza, precisione, regolarità, perché gli uomini hanno umori, si ammalano, le donne restano gravide: non funzioniamo bene come le macchine, anche se il modello che ci viene proposto è questo.
“Io sono non tanto me stesso, quanto piuttosto la funzione che svolgo”: come ben rappresentato dai nostri biglietti da visita, in cui il nostro nome dice e non dice, ma la nostra funzione dice con chiarezza, per cui noi siamo visualizzati a partire dai nostri ruoli.
Se siamo funzionari della specie, oggi siamo anche funzionari di apparati.
Jung indica come scenario psicanalitico quello di diventare se stessi al di là delle maschere, dei ruoli, delle funzioni che la società esige da noi per la sua economia e non per la nostra.

UNA DIVERSA VISIONE DELL’INCONSCIO
Tutti noi nasciamo in un contesto schizofrenico, abitati da molte personalità, da molte figure, e su queste molte figure una prende il sopravvento: l’io. Finché quello che si chiama “io” riesce a tenere a bada tutte le altre, abbiamo una persona che sta in sè; se invece questo suo lavoro di contenimento non riesce, possono esplodere tutte queste personalità e si diventa di volta in volta bambino, vecchio, saggio, depresso, contento. Questi sono tutti motivi umani raccolti dentro di noi nel nostro cosiddetto inconscio, e che prima o poi possono fuoriuscire quando io non avrò la forza di contenerli.
Jung estende il mondo psicanalitico non solo alla nevrosi in cui l’io è sempre presente, ma anche alla psicosi dove l’io può anche essere soppresso dalle forze dell’inconscio.
La normalità è una cosa che ogni giorno dobbiamo costruire perché lo scenario che ci contraddistingue è propriamente lo scenario della follia.

LA VITA DI JUNG
  • 1875, Svizzera
  • molto solitario
  • lavora all’istituto psichiatrico di Zurigo
  • scopre la psicanalisi freudiana
  • corrispondenza epistolare con Freud
  • i due collaborano e si stimano
  • possibile successore di Freud alla guida del movimento
  • separazione dei due
  • 1912 Trasformazioni e simboli della libido: in questo libro amplia la ricerca psicanalitica dalla storia personale del singolo alla storia della collettività umana
  • 1946: si dedica completamente ai suoi studi isolato in una torre

I SOGNI E L’ORDINE DELLA RAGIONE
Ciascuno di noi è folle.
Quando ci si sveglia la mattina si esce da un contesto di follia: il mondo notturno, dei sogni è un mondo in cui non funzionano le leggi della ragione. Nei sogni io sono femmina, ma anche maschio; adulto, ma anche bambino. Non funziona il principio di causalità, percui gli effetti producono le cause. Non funziona lo spazio e il tempo. Non funziona la categoria della temporalità. Non funziona nulla di tutto ciò che è razionale.
Da svegli dobbiamo recuperare tutto l’ordine della ragione e lo facciamo con una certa fatica. La prima ora di veglia è il momento più rituale di tutta la nostra giornata: viviamo in terza persona per questo lavoro che la nostra psiche sta facendo per recuperare il mondo della ragione.
Questo scenario della follia così evidente nelle notti è il sottosuolo della nostra personalità.

IL VALORE DELLA FOLLIA
La struttura della follia è ciò che ci distingue l’uno dall’altro. La nostra specifica follia è ciò che ci individua, perché per quanto riguarda la ragione siamo tutti uguali perché osserviamo tutti le stesse regole.
L’umanità nasce con la fuoriuscita dalla follia in cui prima si trovava e che viene attribuita al mondo degli dèi.

LE PERSONALITA’ LATENTI
Jung è noto perché si è occupato di tutta la storia dell’umanità, soprattutto della storia delle religioni, in cui si individua la dimensione per cui l’uomo è ragione e la divinità è la simbolica della follia. La violenza viene sempre attribuita alla divinità perché è struttura dissolvente alla comunità. La follia è una dimensione pre umana che ciascuno di noi conserva nel suo fondo in cui sono contenute tutte le possibili esistenza non sviluppate allo stato primordiale potenzialmente espressive che caratterizzano per sino i nostri stessi umori. Non siamo sempre uguali infatti durante il giorno. Ci sono delle personalità latenti dentro di noi che colorano i nostri umori finché siamo normali e che si impossessano delle nostra personalità quando l’io collassa. Questo è lo scenario in cui si muove Jung che amplifica il concetto di inconscio.

LA CONCEZIONE DEI SIMBOLI
Fondamentali in Jung sono due concetti: il concetto di simbolo, diverso radicalmente da quello di Freud (per lui il simbolo equivale al segno), c’è una perfetta corrispondenza tra ciò che i sogno e il significato di riferimento, nel caso di Jung invece non c’è questa corrispondenza;  i simboli mettono insieme degli opposti e restano simboli fin quando non vengono codificati. In questo caso sono generativi, sono forze, significativi, sono eccedenze di significato.

DIVENTA CiO’ CHE SEI
La cosa più bella della psicologia analitica di Jung è il concetto di individuazione. Lo scopo della psicoanalisi è il processo di individuazione, che può essere tradotto con una frase emblematica di Nietzsche “ Diventa ciò che sei”. Nel senso che nella nostra vita continuiamo seguire dei modelli, ma poi bisogna staccarsi da questa imitazione e diventare quello che propriamente siamo. La prima condizione per diventare se stessi è quella di conoscersi, conoscere la propria virtù e la propria capacità. E se riesci a diventare te stessa  raggiungi la felicità. Non bisogna quindi essere uguali agli altri, ma neanche essere egocentrici.

DUE SCENARI DELLA PSICHE 
Jung e Freud hanno litigato molto a causa di una donna, per quanto riguarda il pensiero invece a causa di concezioni diverse. 
Con Freud e Jung ci sono due scenari della psiche: la psiche non è quindi qualcosa di immutabile, ma è una visione del mondo. 

IL FUTURO DELLA PSICOANALISI

Siamo passati da una società della disciplina, dove il conflitto era tra desiderio e repressione, a una società dell’efficienza dove l’angoscia è nell’ansia di essere all’altezza di apparati tecnici e burocratici che ci vengono richiesti. Il problema sta nella capacità di raggiungere gli obiettivi che ci vengono dati. Questi non c’erano problemi durante i tempi di Freud e Jung, perché non avevano sperimentato questo tipo di società e forse questo sarà la ragione del declino della psicoanalisi. Un motivo previsto già da Freud sul declino della psicoanalisi, che dice che la psicoanalisi è una scienza provvisoria, e forse le neuro scienze ci spiegano quello che Freud ha descritto in modo letterario, quello che secondo lui era clinico.

Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre    è stato un  filosofo ,  scrittore ,  drammaturgo  e  critico letterario   francese , considerato uno dei ...